Dal magazzino di Staten Island alla chiamata all’azione del 24 ottobre: la lotta che unisce lavoratori e popoli contro il sistema della guerra e dello sfruttamento.
1. La premonizione
C’è un filo che lega Staten Island a Pisa, una linea che attraversa oceani, magazzini, checkpoint e porti militari. È la linea tracciata da chi ogni giorno lavora, lotta, consegna pacchi o sogni di libertà.
Quando Chris Smalls è salito sul palco del Newroz, il 10 ottobre, il silenzio era denso. MULTI – Sindacato Sociale non è un sindacato tradizionale. Abbiamo come visione quella di organizzarsi in ogni aspetto della vita e della società, perché in ognuno di questi c’è bisogno di cambiamento e desiderio di vita.
Vogliamo combattere il potere dei monopoli, tramite l’organizzazione della disperazione in unione, cambiamento e fiducia reciproca. In questo senso, MULTI ha scelto di convocare l’incontro con Chris Smalls non come ospite esotico, ma come compagno d’armi: perché la nostra città, Pisa, la nostra logistica, la nostra Delivery Station, sono già un campo in cui la lotta è cominciata. Volevamo incontrarlo per aprire una porta, creare una connessione, incrociare le sue lotte con le nostre, lasciare che il racconto che viene da oltre oceano diventi premessa – cioè premonizione – di ciò che può e deve accadere qui.
Antonio Gramsci, nel suo Americanismo e Fordismo, aveva descritto l’America come un laboratorio in cui il capitalismo mostrava in anticipo la propria forma più avanzata. Oggi, nell’esperienza di Chris Smalls e dell’Amazon Labor Union, riconosciamo una prefigurazione inversa: non la perfezione della macchina capitalista, ma la nascita di una forza nuova capace di sabotarla. In questo senso, l’incontro con Chris è stato una premonizione gramsciana: una finestra sul futuro possibile delle nostre lotte. Perché se negli Stati Uniti Amazon esiste da trent’anni e la resistenza organizzata ha radici profonde, in Italia il gigante logistico è presente da poco più di un decennio, e le lotte per costruire un sindacato di massa autonomo e comunitario sono appena all’inizio. L’esperienza di Smalls ci parla, dunque, non solo come ispirazione, ma come previsione concreta di ciò che possiamo diventare.
2. Dal ventre delle bestie – la storia di Chris Smalls
Chris Smalls ha cominciato a lavorare in Amazon nel 2015, nel magazzino JFK8 di Staten Island, uno dei più grandi degli Stati Uniti. Era coordinatore di turno, “assistent manager”, un lavoratore rispettato, conosciuto da tutti. Nel marzo 2020, mentre il virus dilagava e Amazon costringeva migliaia di persone a lavorare senza protezioni, Smalls organizzò un piccolo sciopero chiedendo mascherine e test. Amazon rispose licenziandolo in tronco.
“Pensavano che così tutto sarebbe finito,” racconta. “Invece è lì che tutto è cominciato.”
Smalls radunò colleghi, amici, vicini di quartiere. Allestirono tende fuori dal magazzino, iniziarono a parlare con le persone all’uscita dei turni, distribuirono volantini, suonarono musica, cucinarono insieme.
“Abbiamo costruito un sindacato come si costruisce una comunità,” dice. “Con il cibo, con la fiducia, con l’ascolto. Non avevamo fondi, non avevamo avvocati. Ma avevamo le persone.”
Nacque così l’Amazon Labor Union (ALU): un sindacato indipendente, interamente autorganizzato dai lavoratori stessi. Per due anni Amazon investì milioni in campagne antisindacali, riempiendo i magazzini di manifesti intimidatori, sorvegliando gli spazi, corrompendo e minacciando. Ma nel 2022, contro ogni previsione, i lavoratori di Staten Island votarono sì. Fu la prima vittoria sindacale nella storia di Amazon negli Stati Uniti.
“Non avevamo paura di perdere,” dice Chris. “Perché avevamo già perso tutto. E quando non hai più niente da perdere, hai solo da guadagnare dignità.” Smalls non si definisce un leader. “La leadership è condivisa,” afferma. “Io ho solo fatto la prima mossa.”
Da allora il suo messaggio ha attraversato il mondo, dai magazzini americani a quelli europei, fino ai porti e alle università. Ma la sua forza è rimasta la stessa: costruire potere collettivo dal basso, far nascere solidarietà dove il capitale vuole isolamento.
Oggi Chris parla anche come testimone diretto della solidarietà internazionale. Fa parte della Flotilla Handala, la flottiglia civile che ha tentato di rompere l’assedio di Gaza. “Essere sindacalista e andare verso Gaza è la stessa cosa,” dice. “È la stessa lotta. Lottiamo contro un sistema che si regge sul profitto e sull’oppressione. Non puoi chiedere giustizia nel magazzino se ignori l’ingiustizia ai confini del mondo.” “Non è uno sprint,” ripete spesso. “È una maratona.”
E nel modo in cui lo dice — calmo, paziente, con il tono di chi ha dormito in macchina per mesi ma non ha mai smesso di credere — c’è la certezza che questa lotta non è un evento, è un cammino.

3. Dal magazzino di Pisa – la violenza e il coraggio.
Nella sala gremita del Newroz, dopo l’intervento di Chris, prendono la parola i driver sindacalizzati con MULTI alla Delivery Station di Pisa. Le loro voci, intrecciate, costruiscono un racconto collettivo: un coro che sale dal basso, dal cemento, dal rumore dei furgoni, dalle mani che consegnano pacchi ogni tre minuti, otto ore al giorno, sei giorni su sette.
“Per i driver andare a lavorare è come andare all’inferno,” dicono. “Ti svegli la mattina e non sai se e come tornerai a casa la sera.” I driver raccontano turni infiniti, straordinari non pagati, percorsi di 150 o 170 consegne al giorno, chilometri e chilometri sotto il controllo costante del GPS. “Amazon ti segue ovunque. Ti controlla dal primo secondo che accendi il furgone. Hai una telecamera che ti osserva, un algoritmo che ti misura il respiro. Ogni tre minuti devi consegnare. Ogni errore è una colpa, ogni ritardo è una punizione.” Il lavoro logora, piega il corpo e la mente.
“Abbiamo incubi la notte. Siamo stressati, ansiosi, costantemente sotto pressione. Non abbiamo indennità di rischio. Se ti fai male, sei solo. Se ti ammali, non ti rinnovano. Se porti tuo figlio dal medico, ti dicono che non sei affidabile. È un ricatto continuo.” Poi c’è la questione dei contratti: mesi e mesi di precariato, proroghe brevi, promesse mai mantenute. “Ti tengono appeso con il sogno del tempo indeterminato, ma è un sogno che serve solo a tenerci zitti.”
Quando nel 2021 la direzione tentò di mettere i lavoratori in cassa integrazione con la scusa del calo di consegne durante il Covid, i driver di Pisa capirono che era una menzogna. “Noi vedevamo che il lavoro aumentava ogni giorno. Così ci siamo messi di traverso.” Organizzarono assemblee, parlarono con gli altri magazzini, e scioperarono. “Il primo giorno eravamo un’azienda sola. Il terzo giorno erano già tre. Alla fine tutte le aziende del magazzino si sono fermate.” Il blocco riuscì, i licenziamenti furono fermati. “Quella è stata la nostra prima vittoria. Abbiamo capito che non è vero che non contiamo niente.”
Da quella esperienza è nato lo Spazio di Soccorso, aperto da MULTI: un luogo in cui i lavoratori possono raccontare le violenze subite, rompere l’isolamento, costruire mutuo aiuto e fiducia reciproca. “È uno spazio dove si può dire che abbiamo paura, ma anche che insieme possiamo vincerla. Dove possiamo riconoscerci come compagne e compagni, non come concorrenti.” Uno dei driver racconta un’immagine rimasta nel cuore di tutti: il giorno del primo sciopero, la linea tracciata per terra davanti al cancello. “Un collega prese un bastone e segnò una linea sull’asfalto. Disse: ‘Chi sciopera da una parte, chi non sciopera dall’altra’. Ci fu silenzio. Poi uno dopo l’altro, tutti attraversammo quella linea.” Quel gesto, semplice e gigantesco, divenne un simbolo. “Tracciare la linea è spezzare la paura. È dire basta al piccolo privilegio che ti danno per tenerti buono. È togliersi di dosso la pelle che ti cuciono ogni mattina quando indossi la divisa di Amazon.”
Lì, in quel piazzale, è nata la consapevolezza che la libertà non si trova fuori dal lavoro, ma dentro il suo rifiuto. “Da quel giorno abbiamo smesso di sentirci soli. E quando ti accorgi che la paura è condivisa, smette di essere paura e diventa forza.”
4. Il filo rosso – guerra, lavoro, comunità.
La serata prosegue con un filo che lega le parole di Chris alle nostre. “Perché guerra, genocidio e sindacato stanno insieme?” chiede uno dei compagni di MULTI. “Oggi viviamo dentro una guerra mondiale frammentata. I padroni scaricano su di noi i costi economici, ecologici e umani del loro potere. Quello che accade nei magazzini è lo stesso meccanismo che devasta Gaza o costruisce basi militari nei nostri territori. È la stessa logica di dominio che ci vuole divisi, isolati, ricattabili.”
Il sindacato sociale, per noi, è la risposta concreta: la costruzione di una comunità autonoma e solidale che restituisce potere a chi lavora e lo toglie a chi comanda. Come dice Chris, le risorse dell’organizzazione non vanno importate dall’esterno — sono già dentro la società, nelle relazioni, nella creatività, nella capacità di cooperare che ognuno di noi possiede.
“Il sindacato è la scuola della cooperazione,” diciamo. “È l’apprendistato della libertà. È il modo per imparare a vivere diversamente.”
E nel lavoro stesso, come ricordava Chris, c’è già la nostra forza: “i miliardari non sanno consegnare i pacchi, non sanno curare le persone, non sanno insegnare. Nel nostro lavoro c’è già la nostra autonomia. Basta smettere di lasciargliela usare contro di noi.” Lottare contro Amazon, contro la guerra, contro il patriarcato e contro la precarietà significa dunque imparare, passo dopo passo, a costruire una vita diversa. “Quello che ci propongono è la morte,” diciamo. “Quello che costruiamo insieme è la vita.”
5. La maratona
Alla fine della serata, Chris si alza e guarda la sala piena. “Non è uno sprint, è una maratona,” ripete. E in quella frase c’è tutto: il tempo lungo della costruzione, la fatica, la fiducia, la necessità di respirare insieme anche dentro il ventre delle bestie. Per MULTI, quell’incontro non è stato un evento, ma un inizio. Abbiamo capito che un sindacato comunitario non nasce da un contratto o da una tessera, ma da una relazione viva tra chi lotta, ovunque si trovi. Che la stessa linea tracciata davanti al magazzino di Pisa è la stessa che attraversa l’oceano e arriva fino a Staten Island, fino a Gaza, fino a ogni luogo in cui la vita resiste alla morte.Siamo nel ventre delle bestie, sì. Ma stiamo imparando a respirare insieme. E, passo dopo passo, a costruire un mondo che non somigli più al loro.
Oggi, 24 ottobre 2025, mentre questo racconto prende forma, Chris Smalls è di nuovo in prima linea.
A Washington D.C., davanti alla sede dell’ AFL-CIO, la più grande federazione sindacale degli Stati Uniti, viene consegnata la “petizione-appello” che porta la sua firma insieme a quella di centinaia di lavoratori, attivisti e sindacalisti.
È una “chiamata all’azione” rivolta al movimento operaio americano perché spezzi ogni complicità con la guerra e con il genocidio in corso a Gaza.
Nel testo della petizione — promosso da reti come “Labor for Palestine” e l’Amazon Labor Union — si legge:
“Riconoscere che ciò che accade a Gaza è un genocidio, che Israele opera come uno Stato di apartheid e che i lavoratori del mondo hanno il potere di fermare la macchina della guerra.”
- La richiesta è chiara:
- che i sindacati statunitensi interrompano ogni legame con le aziende dell’industria bellica;
- che blocchino la movimentazione delle armi verso Israele;
- e che si uniscano alla rete internazionale dei lavoratori che scelgono la solidarietà invece della complicità.
Sono le stesse parole pronunciate a Pisa. “Non puoi chiedere giustizia nel magazzino se ignori l’ingiustizia ai confini del mondo. La petizione del 24 ottobre non è un gesto simbolico: è il proseguimento concreto di quel filo rosso che abbiamo sentito vibrare tra le nostre voci. È il segno che la “maratona continua”, che la lotta contro il potere dei monopoli e delle guerre non conosce frontiere, e che la linea tracciata davanti ai cancelli dei nostri magazzini oggi attraversa anche le porte dei sindacati più grandi del mondo. Anche oggi a Washington si traccia una linea sull’asfalto — per dirla con le parole dei Driver -una linea che separa la complicità dal coraggio,e che invita ciascuno di noi a scegliere da che parte stare






